da La Stampa (Massimo Tedeschi) – Brescia nella mobilità pubblica è sempre stata all’avanguardia: metropolitana, flotta di bus a metano, telerilevamento, bici mia, pubblicità sui bus, rete di parcheggi in struttura, gare assegnate non in base al massimo ribasso ma al maggior vantaggio economico. È tempo che Brescia Mobilità ritrovi lo spirito propulsore che fu. Come? Scommettendo su carburanti ecologici di nuova generazione come il biometano, facendo pressioni sull’Amministrazione comunale affinché dia vita a quella Consulta Urbana della Mobilità (la Giunta dei Sindaci ) prevista nei programmi elettorali. E affrontando con cautela, invece, l’ipotesi del tram di superficie.
Parola di uno che se ne intende, che queste cose le ha masticate (e praticate) per anni: Giorgio Schiffer, dirigente apicale di Asm prima e Brescia Trasporti poi. Dopo vent’anni in Olivetti Schiffer arriva a Brescia nel 1980: in Asm si occupa di personale, organizzazione e trasporti. Nel 2002, quando Asm va in Borsa, nasce Brescia Mobilità, controllante di Brescia trasporti e Sintesi (parcheggi): di tutte le tre società Schiffer è amministratore delegato. Nel 2005 diventa consigliere di Brescia Mobilità e presidente di Brescia trasporti fino al 2009. Da allora i ruoli pubblici cessano, se non per il contributo alla stesura del programma di Del Bono nel 2013. “Nei trasporti – spiega Schiffer – oggi si può avere un orizzonte massimo di quindici anni. Con l’evoluzione accelerate delle tecnologie, impossibile traguardare oltre. Ebbene, di fronte a questo dato, siamo sicuri che sia giusto riempire la città di rotaie? Persone che io stimo molto si sono impegnate a fondo in questa direzione. Io dico: riflettiamoci”
Eppure il tram sembra una soluzione definitiva.
Il tram ha una serie di controindicazioni: ha scarsa flessibilità, richiede una forte penalizzazione del traffico privato e in alcuni casi, vedi ad esempio per la linea T2 via Volturno e via Corsica, delle piste ciclabili. Peraltro saremmo l’unica città medio piccola ad avere tre sistemi diversi di trasporto pubblico: metropolitana, bus e tram, il che comporta avere tre depositi diversi, tre manutenzioni, tre regolamentazioni del personale. Abbiamo pensato a un tram che deve passare in via Mazzini con la solita auto parcheggiata a scavalco del marciapiede? In alcuni casi si possono ottenere con corsie riservate risultati migliori o uguali con i bus.
Non riproporrà il suo vecchio pallino, le Lam?
Le Lam non sono state un fallimento ma un esperimento non del tutto riuscito per motivi diversi: ad esempio i lavori protratti oltre misura per una pavimentazione risultata sbagliata, l’eccessiva occupazione di spazio sul ring, una reazione eccessiva dei commercianti. Però si è aperta una discussione sul ruolo del trasporto pubblico, via Crocifissa è cambiata molto. Le Lam restano un esempio di come trasporto pubblico e un buon piano urbanistico, viaggiando insieme, producano qualcosa di positivo.
Dunque bocciatura senza appello per i tram?
Per fortuna Brescia ha un piano B che consiste nel realizzare solo la linea T2. Io dico: facciamola se ci sono i giusti finanziamenti statali, che coprano il 50-60% dei costi. Però il nuovo assetto dei trasporti va accompagnato un piano urbano che, se del caso con provvedimenti coercitivi, limiti il traffico privato, soprattutto in centro storico, e riduca una quota del traffico pendolare in ingresso giornalmente a Brescia.
Una parte significativa delle città europee viaggia con tram di ultima generazione…
Nizza ha fatto una prima linea che ha avuto un successo formidabile, ma ha pedonalizzato aree nevralgiche. La seconda linea, che va dal porto all’aeroporto, è per metà interrata. A Montpellier l’arrivo del tram ha comportato la pedonalizzazione del centro storico.
Il tram conserva un appeal «verde» indiscutibile.
In realtà, stando ai bus, oggi c’è un’alternativa al metano che è il biometano: A2A ha un progetto di produzione a Bedizzole in attesa di autorizzazione. L’energia elettrica non è di per sé «verde»: dipende da come viene prodotta, comporta produzione di CO2 e di biossido di azoto. Il biometano cancella la produzione di Pm10. Peraltro se ragioniamo sui bus elettrici, oggi hanno un’autonomia di 200 km a fronte di percorsi che per ciascun mezzo si aggirano sui 300-350 km. Il bus elettrico costa mezzo milione contro i 240mila del bus a metano. A parità di km percorsi devi raddoppiare il parco mezzi, serve personale specializzato, hai batterie enormi e costose da cambiare ogni 5 anni. Il costo a km è di 0,20 euro per il metano, 0,32 per il bus elettrico. Un bus a metano sappiamo che dura 10-15 anni, del bus elettrico non abbiamo esperienza.
Lei è fautore di una visione comprensoriale del trasporto pubblico.
La consulta urbana della mobilità è un’idea vincente, anche se non è mai stata attuata. Consentirebbe di pianificare la mobilità tenendo conto delle necessità degli altri comuni ma anche di un obiettivo ineludibile: drenare l’ingresso di auto in città. Un obiettivo ambizioso, ma che non dovrebbe spaventare Brescia che ha dimostrato di sapersi muovere adeguatamente. Prenda la redditività sociale del metrò, in termini di riduzione di auto circolanti nel Comune e nel centro storico, di riduzione di inquinamento acustico ed emissioni inquinanti, di incidenti stradali, di risparmio energetico, avevamo stimato 700 milioni di euro attualizzati in 30 anni e la realtà ci darà ragione. Non lo diciamo noi ma i calcoli fatti con il metodo Fio. Fra l’altro ricordo che fra chi osteggiava il metrò c’era il professor Marco Ponti, ora famoso per aver guidato la commissione che ha bocciato la Tav».
Perché l’orizzonte delle previsioni trasportistiche non può superare, secondo lei, i quindici anni?
Perché andiamo verso soluzioni oggi impensabili. A Los Angeles vengono sperimentati due km di galleria sotterranea. Detta il tubo di Musk. Il futuro del trasporto anch’io lo vedo prevalentemente sotto terra. Soprattutto quello privato. Dobbiamo insomma pensare a mobilità molto diverse da oggi.
Un consiglio alla “sua” Brescia mobilità?
Nella gestione si rivela di livello europeo, si tratta di mantenerlo e di andare oltre i limiti dell’orizzonte comunale. La gara del bacino unico è inevitabile, ma è una gara da 450 milioni, Brescia Mobilità dovrà trovare alleati per affrontarla altrimenti rischia di perderla. In generale Brescia Mobilità è oggi vittima di una carenza di visione a lungo termine. Dovrebbe invece recuperare un ruolo propulsivo che in passato ha esercitato.
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