da Green Report – I più recenti dati rilevati da Ispra documentano che nel nostro Paese la produzione di rifiuti ammonta a oltre 160 milioni di tonnellate l’anno, suddivisi tra rifiuti urbani (29,6 milioni di tonnellate) e speciali (135,1 milioni di tonnellate). Come gestirli? Il pacchetto normativo sull’economia circolare approvato dall’Ue lo scorso anno – che si occupa purtroppo solo di rifiuti urbani – traccia la strada verso obiettivi ambiziosi: al 2035 dovrà essere raggiunto un minimo di riciclo del 65%, e un massimo di ricorso alla discarica del 10%. Dunque, resta un 25% di recupero energetico, e da qui la domanda cui muove l’intervento di Fise Assoambiente – l’Associazione che rappresenta le imprese private che gestiscono servizi ambientali –, audita nella commissione Attività produttive: in che misura i rifiuti possono contribuire al Piano nazionale energia e clima?
Con riferimento all’orizzonte 2030, la corretta gestione dei rifiuti rappresenta un elemento che può «contribuire concretamente alla decarbonizzazione e alla riduzione della dipendenza del Paese dall’importazione dell’energia elettrica» attraverso tre punti principali: «l’implementazione di politiche di economia circolare, di risparmio di risorse e di tutela ambientale; la produzione biocarburante avanzato; l’utilizzo sistemi infrastrutturali energetici già esistenti».
Se verranno raggiunti gli obiettivi Ue al 2035 sopra ricordati, Assoambiente stima che si avrà una quota di «circa 8 milioni di tonnellate di Forsu (frazione organica rifiuti solidi urbani, ndr) e circa 10 milioni di tonnellate di rifiuti non riciclabili utilizzabili per produrre energia termica ed elettrica».
Il biometano da Forsu rappresenta una fonte energetica rinnovabile che può arrivare a fornire a «0,6 Bcm/y, corrispondente a circa 1% della domanda di gas naturale» italiana, anche se ad oggi si tratta di un obiettivo lontano: attualmente ci sono 3 impianti attivi in tutta Italia, e la realizzazione di nuovi è fortemente ostacolata dalla mancanza della normativa End of waste di riferimento.
Per quanto riguarda invece il recupero energetico delle «10 milioni di tonnellate di rifiuti non riciclabili», all’orizzonte rimane la soluzione impiantistica rappresentata dai termovalorizzatori: «Per quanto riguarda il recupero energetico in impianti di termovalorizzazione, ipotizzando un raddoppio delle quantità di rifiuti avviate a recupero (da 5 a 10 milioni di tonnellate) si potrebbe ottenere – dettagliano da Assoambiente – una produzione di 8 TWhe/anno, equivalenti al 2% di fabbisogno nazionale di elettricità».
Auspicando che il contributo del biometano e dell’energia elettrica ottenuta dalla termovalorizzazione possa dunque trovare il giusto spazio nel Piano nazionale energia e clima, da Assoambiente indicano due principali leve sulle quali poter agire al proposito: «iter autorizzativi non ingessati per la realizzazione di impianti per la produzione di biometano» e «operatività degli impianti di termovalorrizzazione in linea con gli obiettivi europei».
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