(da lifegate.it) – In molti ne sono convinti. Studiosi, associazioni di categoria, associazioni ambientaliste, consorzi, utility e gestori della raccolta differenziata: il biometano è un’opportunità per la valorizzazione dei rifiuti organici e dei sottoprodotti agricoli e un possibile protagonista nella produzione energetica del nostro Paese. Una fonte continuativa durante l’anno e capace di sostenere le rinnovabili, più fluttuanti nella produzione annuale.
Il biometano viene oggi prodotto grazie ad un processo definito di upgrading del biogas, a sua volta ottenuto dalla digestione anaerobica di sottoprodotti agricoli, reflui zootecnici e fognari, colture o dalla frazione organica dei rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata. Un ciclo virtuoso che impiega la materia di scarto e la trasforma in combustibile, di origine non fossile. Potenzialmente l’Italia potrebbe produrre entro il 2030 fino a 8,5 miliardi di metri cubi di biometano, pari a circa il 12-13 per cento dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale, fa sapere la Piattaforma Tecnologica Nazionale sul (Bio)metano, nata lo scorso novembre con il coordinamento di Cib (Consorzio italiano biogas) e il Cic (Consorzio italiano compostatori).
Compost prodotto dalla digestione anaerobica della frazione umida dei rifiuti.
La frazione umida dei rifiuti, un tesoretto tutto italiano
In Italia la raccolta differenziata della frazione umida dei rifiuti è in continua crescita. Nel 2015 il Cic ha registrato un incremento del 6,1 per cento rispetto all’anno precedente, con 6 milioni di tonnellate di scarto organico trattato. “Se tutta la frazione umida dei rifiuti urbani fosse riciclata negli impianti dedicati – scrive il Cic – si potrebbe generare un quantitativo di biometano pari a circa 300 milioni di chilogrammi l’anno, più che sufficienti ad alimentare le flotte di mezzi destinati alla raccolta di tutti i rifiuti solidi urbani prodotti”. Insomma con la sola raccolta differenziata della frazione umida dei rifiuti potremmo alimentare gli stessi veicoli che raccolgono i nostri rifiuti. Un ciclo virtuoso, dato dalla produzione di un combustibile praticamente a km “quasi zero”.
Un impianto per la produzione di biogas. Con l’upgrading è possibile produrre biometano. Foto via Sean Gallup/Getty Images.
Gli scarti agricoli, non chiamiamoli rifiuti
L’Italia è uno dei principali produttori di biogas in agricoltura, quarta al mondo dopo Germania, Cina e Stati Uniti, con una potenza elettrica installata di oltre 1000 megawatt pari a 2,4 miliardi di metri cubi di gas naturale. L’obiettivo è quello di arrivare a produrre biogas di qualità, “che permetta di continuare a produrre cibo e foraggi di qualità, in modo ancora più sostenibile e a costi minori, utilizzando sottoprodotti e colture di integrazione, come quelle di secondo raccolto che altrimenti non avrebbero avuto mercato”, spiega Piero Gattoni, direttore del Cib.
Il primo rifornimento di biometano è stato fatto a Bresso, alla presenza del sindaco della città.
I reflui fognari fanno il pieno all’auto
La nuova frontiera è però rappresentata dal biometano prodotto a partire dai reflui fognari. In questo caso i fanghi residui della depurazione delle cosiddette “acque nere” possono essere impiegati per la produzione anaerobica di biogas. È ciò che accade nella sperimentazione avviata da Gruppo Cap, condotta con il Cnr e la collaborazione tecnologica di FCA, all’interno del depuratore Niguarda di Bresso. L’utility stima che il solo depuratore di Bresso potrebbe arrivare a sviluppare una produzione annua di biometano di 341.640 kg, sufficienti ad alimentare 416 veicoli per 20 mila km l’anno. Il depuratore sarà aperto al pubblico il 12, 13 e 14 maggio (12 maggio 9-13 e 14-16,30. Il 13 e 14 maggio 10-12,30 e 14-18).
Il biometano si dimostra quindi un importante alleato nella transizione energetica del Paese, capace di guidarci nei prossimi anni verso la decarbonizzazione dell’economia e a rispettare in questo modo gli impegni presi con l’Accordo di Parigi.
Leave a Reply