(da nextville.it) – Alle riunioni della conferenza di servizi svolta in forma simultanea possono (ma non “devono”) essere invitati gli interessati, quali ad esempio i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati.
Con sentenza n. 156 del 2 settembre 2020, i giudici del Tribunale amministrativo di Parma hanno respinto il ricorso presentato dal coordinamento provinciale dei Comitati “Ambiente e salute” – oltre che da alcune aziende agricole e privati cittadini – contro Arpae e Regione Emilia-Romagna, riguardo il provvedimento autorizzatorio unico regionale (Paur) per la realizzazione di un impianto a biogas per la produzione di biometano e compost.
I ricorrenti avevano individuato, a loro dire, numerosi profili di illegittimità relativi ai diversi documenti e atti di assenso contenuti nel Paur, necessari per la costruzione e l’esercizio dell’impianto: la valutazione di impatto ambientale, l’autorizzazione unica, il permesso di costruire, ecc.
Merita di essere segnalata, in particolare, la presunta illegittimità del mancato accoglimento dell’istanza di partecipazione ai lavori della conferenza da parte dei ricorrenti, in qualità di portatori di interessi diffusi. Eppure – sottolineano i giudici – la disposizione normativa invocata a sostegno di tale tesi (articolo 14, comma 5, legge 241/1990) “prevede la sola possibilità di intervento nel procedimento senza nulla specificare circa il preteso obbligo di consentire una partecipazione fisica alle sedute”.
L’articolo 14-ter, comma 6, della medesima legge prevede chiaramente che “alle riunioni della conferenza possono [non “devono”] essere invitati gli interessati, inclusi i soggetti proponenti il progetto eventualmente dedotto in conferenza”. Una possibilità di invito, dunque, che “esclude l’esistenza di un diritto a presenziare ai lavori della conferenza”.
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