(Daniela Rimicci di Rinnovabili e Risparmio) – Il numero di impianti al 2017 è arrivato a circa 540 unità in 15 Paesi europei; mentre la produzione è passata da 752 GWh nel 2011 a 19.352 GWh nel 2017.
Il biometano è un gas derivato del biogas con caratteristiche e condizioni pari al gas metano, è idoneo all’immissione nella rete del gas naturale e utilizzabile per autotrazione, per la power generation e per tutti gli usi finali industriali e civili.
Si tratta di una miscela prevalentemente composta da anidride carbonica e metano, prodotta da un processo di degradazione in assenza di ossigeno (digestione anaerobica) di sostanze organiche. Il biometano è un gas derivato del biogas, che ha subito un processo di raffinazione e purificazione – processo di upgrading – la cui concentrazione di metano CH4 supera il 98%. Ha caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano ed è idoneo all’immissione nella rete del gas naturale e perfettamente utilizzabile per autotrazione, per la power generation (sistemi di cogenerazione) e per tutti gli usi finali industriali e civili.
Mercato e prospettive
In tema di green energy stiamo assistendo a una crescente spinta globale, L’Unione Europea punta alla transizione ecologica verso un modello economico a basso contenuto di carbonio che garantisca elevati standard di sostenibilità ambientale e sicurezza energetica. A fronte di questo cambiamento in atto, il biometano si rivela una soluzione ottimale dal punto di vista ambientale, un esempio di economia circolare.
Dal 2011 si registra un aumento importante della quantità di biometano prodotto in Europa: lo sviluppo della normativa di riferimento e i sistemi incentivanti hanno incrementato la domanda di mercato e stimolato il progresso tecnologico. In particolare, il numero di impianti al 2017 è arrivato a circa 540 unità, in 15 Paesi europei; mentre la produzione – per lo più trainata da Germania e UK – è passata da 752 GWh nel 2011 a 19.352 GWh nel 2017, circa 1,9 miliardi di metri cubi, a fronte di un consumo di gas in Europa pari a circa 490 miliardi di metri cubi.
Gli impianti italiani
In Italia sono operativi quasi 2000 impianti di biogas (a metà 2019), dei quali l’80% in ambito agricolo, con una potenza elettrica installata di circa 1400 MW. Tale capacità produttiva equivale a una produzione di biometano, qualora tali impianti fossero integralmente riconvertiti, superiore a 2,5 miliardi di metri cubi l’anno (su una domanda di gas che nel 2018 era oltre 72 miliardi di metri cubi). Secondo stime CIB, l’Italia sarebbe nelle condizioni di raggiungere una produzione di 10 miliardi di metri cubi di biometano al 2030 prodotto da digestione anaerobica, di cui almeno 8 da matrici agricole, pari a circa il 15% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale e ai due terzi della potenzialità di stoccaggio della rete nazionale.
Ne deduciamo che vi sono ancora ampi margini di crescita in tutta Europa, come nel nostro Paese, per questa nuova modalità di produrre energia, e non solo, al fine di contribuire in modo decisivo – insieme alle molte altre iniziative dedicate alle energie rinnovabili – ai processi di decarbonizzazione e transizione energetica.
Le prospettive più immediate sono, oltre alla generica produzione di energia da fonte rinnovabile, quelle legate all’agricoltura, alla mobilità e più ampiamente agli utilizzi su scala industriale e civile.
Normative, incentivi e standard europei
Il tema, però, è ancora soggetto a un’armonizzazione – che ci attende nel breve termine – delle normative, degli incentivi e di standard europei con l’obiettivo di creare un mercato unico. Oltre a questo, lo sviluppo del mercato del biometano deve ancora fronteggiare ostacoli legati all’opinione pubblica e all’accettazione sociale da parte delle comunità locali interessate, che spesso formare movimenti di opposizione. Ne deriva la necessità immediata di un modello di dialogo e coinvolgimento del territorio volto alla responsabilizzazione di cittadini e imprese riguardo i cambiamenti climatici e l’importanza di essere parte di un’economia circolare più sostenibile, a basse emissioni, che accresca la domanda di biometano e avvii un vero e proprio mercato verde.
La produzione del biogas avviene dalla filiera per la filiera e per la distribuzione: il biogas, in questi anni, ha assunto, come abbiamo visto, un ruolo importante nel meccanismo di approvvigionamento dell’energia e, rispetto agli altri metodi, può trainare il processo di cambiamento di transizione energetica. Il biometano, prodotto dal biogas, diventa cruciale per molti settori (dall’ambito agricolo a quello industriale e dei trasporti, fino all’immissione nella rete tradizione per consumo civile) e avviare una vera e propria filiera produttiva – a fronte di una domanda di fornitura rinnovabile via via in aumento – sembra essere la strada più percorribile, soprattutto per raggiungere davvero gli obiettivi comunitari.
Il biometano – i vantaggi
Rappresenta una fonte energetica rinnovabile e sostenibile, perché prodotto da biomasse quasi inesauribili, che nel loro ciclo di vita incorporano il carbonio presente nell’atmosfera. Il suo consumo evita così di liberare il carbonio sequestrato nei giacimenti di combustibili fossili, minimizzando le emissioni di gas climalteranti.
Il biometano, come detto, risulta strategico ai fini della decarbonizzazione e dell’economia circolare: massimizzando il recupero energetico da residui organici agricoli, fanghi di depurazione e FORSU, il processo di upgrading del biogas restituisce un biocombustibile flessibile e programmabile, volto a incrementare l’uso del rinnovabile e l’indipendenza del sistema energetico nazionale. Attraverso la rete gas tradizionale e utilizzato nei trasporti, il biometano può contribuire in misura notevole al raggiungimento dei target europei al 2030, con un risparmio complessivo di gas a effetto serra rispetto al ciclo vita del metano fossile tra l’80 e l’85%. In parallelo, rappresenta un’opportunità per modernizzare e rendere più sostenibile il settore agricolo, responsabile del 14% delle emissioni climalteranti globali.
A tal proposito abbiamo intervistato di recente il general manager di Sebigas Roberto Salmas che ha dato la sua visione dei vantaggi e le implicazioni dell’uso di scarti agroalimentari nella produzione di biometano.
Qualche esempio
Presso il depuratore di Bresso-Niguarda, il gruppo CAP ha realizzato il primo distributore di metano da reflui fognari (fanghi), prodotti di scarto del processo di depurazione delle acque nere. L’indice di purezza del metano all’uscita del processo è vicino al 99% e una volta compresso è pronto per essere immesso in rete per uso autotrazione o direttamente nelle vetture. L’impianto produce 340.000 kg di biometano l’anno: il carburante necessario a far viaggiare 416 veicoli per 20.000 km l’uno, ovvero l’intero parco auto aziendale del Gruppo CAP.
L’impianto di produzione di biometano di Pinerolo (Torino sud) di ACERA Pinerolese Industriale è brownfield e si avvale del biogas prodotto a partire da FORSU. Attualmente è operativo un impianto pilota da 50 Sm3/h di biometano usato per alimentare alcuni veicoli del Polo a scopo dimostrativo; entro l’anno, parte della produzione di biogas verrà convertita a produzione di biometano da immettere in rete, per un flusso stimato, a regime nel 2020, di 500 Sm3/h (4.500.000 Sm3/a), idealmente a uso trasporto.
Di recente abbiamo parlato di un esempio virtuoso in ambito agricolo: l’azienda La Castellana di Corbetta, alle porte di Milano, ha installato un impianto di upgrading di biogas per la produzione di biometano e ha raggiunto più di 10.000 ore di attività a partire da scarti agro-zootecnici. Alla Castellana si coltivano campi su una superficie di 900 ettari, si allevano suini (circa 15.000 capi) e si produceva energia elettrica da due impianti biogas da 999 kW. Uno dei due impianti biogas è stato poi riconvertito e potenziato riducendo del 30% la produzione di energia elettrica per far coesistere la produzione di biometano che ora è a 450 Sm3 /h.
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