(Marco Castelli di Fleet Magazine) – Il Fit For 55, ovvero la proposta dell’Unione Europea per rendere il nostro Continente a impatto zero, evidenzia una scelta: quella di nominare l’elettrico l’unico “alfiere” della mobilità green, dicendo addio ai motori termici già a partire dal 2035.
Certo, si tratta ancora di una proposta che deve essere sottoposta all’iter approvativo, le associazioni automotive hanno parlato di utopia e progetto irrealizzabile, ma quello di cui oggi spesso non si parla è che esistono, eccome, altre soluzioni green che vanno oltre elettrico.Approfondisci: quale è il ruolo della mobilità nella lotta ai cambiamenti climatici?
Soluzioni che, affiancate all’e-mobility – che, occorre sottolinearlo, rimane la tecnologia maggiormente sviluppata e su cui le Case continueranno a puntare – , potrebbero facilitare la transizione e scongiurare il rischio che quest’ultima possa diventare una corsa cieca verso l’elettrificazione. Nel nome della neutralità tecnologica. Vediamo quindi quali sono tutte le soluzioni green oltre l’elettrico.
Le soluzioni green oltre l’elettrico
Il biometano
Il biometano è una fonte di energia rinnovabile che si ottiene dalle biomasse agricole, agroindustriali, e dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani. Si tratta di una tecnologia la cui sperimentazione è già arrivata ad un livello avanzato. Ne abbiamo recentemente parlato in questa intervista a Daniele Lucà di SNAM:
Un terzo dei veicoli a gas naturale viene già oggi alimentato in forma bio, anche perchè tutti i veicoli a metano possono essere alimentati dal biometano, senza bisogno di nessuna modifica tecnica.
E-Fuels
Gli e-Fuels, ovvero combustibili liquidi o gassosi di origine sintetica, prodotti tramite processi energivori alimentati da energia elettrica rinnovabile, sono una realtà concreta à allo studio delle Case. Lo dimostra, per esempio, l’impegno di Porsche e, quindi del Gruppo Volkswagen, nel progetto per la realizzazione in Cile di un impianto per la produzione di e-Fuel insieme a Siemens, a Enel e ad alcune compagnie petrolifere locali e internazionali. Certamente se si riuscisse a togliere la CO2 dai carburanti, si otterrebbe un beneficio immediato sull’intero parco circolante (scopri qui quanti anni ci vorranno a rinnovarlo di questo passo): l’impatto nella riduzione di anidride carbonica, tenendo conto del ciclo vita, è paragonabile a quello dell’elettrico.
Il sito cileno sarà dedicato a una specifica categoria di combustibili verdi: benzina ottenuta dal metanolo frutto della combinazione tra l’idrogeno estratto tramite l’elettrolisi dell’acqua e l’anidride carbonica catturata in atmosfera. L’impianto sarà il primo del genere, ma presto sarà seguito da siti analoghi in varie parti del mondo e anche in Italia.
La Unem (Unione Energie per la Mobilità, la ex Unione Petrolifera) ha quasi completato lo studio di fattibilità, avviato a marzo con il polo di ricerca Innovhub-Stazioni Sperimentali per l’Industria, per la produzione degli stessi e-Fuel oggetto del progetto cileno sul territorio italiano. La filosofia adottata da Porsche è stata sposata apertamente anche da Mazda.
L’idrogeno
Per anni sullo sfondo, adesso sembra assumere un ruolo di primo piano, specie sui mezzi pesanti: stiamo parlando dell’idrogeno, da usare per generare elettricità tramite le fuel cell o direttamente come carburante. Da Hyundai al Gruppo Toyota, diversi Costruttori hanno investito negli anni su questa alimentazione.
L’idrogeno è la molecola con la più alta densità d’energia: con un chilo si fanno 100 km, un serbatoio da sette kg può dare autonomie paragonabili a quelle del diesel. E per il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, proprio l’idrogeno verde (ottenuto da fonti rinnovabili) è una delle tecnologie chiave su cui basare il piano energetico italiano.
Altre soluzioni
Ci sono, infine, altri studi in corso sui carburanti sintetici, ottenuti combinando idrogeno (meglio se verde, cioè prodotto usando energia rinnovabile) e anidride carbonica catturata dall’ambiente.
Inoltre in Italia sono ormai operative le attività dell’Eni per la produzione di un’altra categoria di combustibili alternativi, quelli ottenuti dal trattamento di materie prime di origine biologica come rifiuti e scarti agricoli, sottoposti a un processo di liquefazione, che permette di estrarne un olio e riutilizzare l’acqua, presente in quelli umidi fino al 70% del peso, per usi industriali (si ottengono biocarburanti a base di oli vegetali idrogenati).
C’è poi un’altra via: la trasformazione, tramite la gassificazione con ossigeno, di indifferenziati e plastiche non riciclabili in un gas di sintesi che può diventare idrogeno oppure metanolo/etanolo.
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