da affaritaliani.it – “I rifiuti sono il nuovo petrolio”, rivela Giacomo Rispoli, Senior Excutive di NextChem, in un video messaggio a proposito di ricerca, energia e petrolio. “Il sistema del distretto circolare messo a punto dal gruppo Maire Tecnimont è un sistema vincente, poiché offre una soluzione innovativa alle problematiche collegate alla produzione dell’idrogeno ed alla sua distribuzione sul mercato”. “L’idrogeno ha un ruolo cruciale nel processo di decabornizzazione perché è come un vettore energetico: quando brucia emette acqua e non anidride carbonica”, ricorda Rispoli, per il quale oggi “il vero tema è come produrre idrogeno e renderlo disponibile”.
Con il concetto di “distretto circolare”, spiega Rispoli nei giorni della fiera “Oil&nonOil” di Verona, il gruppo Maire Tecnimont propone di creare luoghi nei quali partendo dai rifiuti solidi urbani e dalle plastiche non riciclabili è possibile produrre un gas di sintesi e quindi idrogeno. “I rifiuti sono il petrolio del terzo millennio”, insiste Rispoli, ricordando che il processo indicato permette di valorizzare completamente il carbonio e l’idrogeno presenti nei rifiuti, immagazzinando inoltre energia all’interno del motore dei veicoli senza ricorrere a materiali sofisticati come il litio ed il cobalto “che vengono da Paesi sensibili del nostro pianeta”.
“I rifiuti sono il petrolio del futuro”, lo diceva anche l’ad di Eni Claudio Descalzi nel 2019, in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore. In quell’occasione aveva ricordato gli scopi prossimi dell’intero gruppo, focalizzato nella possibile trasformazione dei rifiuti organici urbani in energia: “I vantaggi sono il riutilizzo totale dei rifiuti, la produzione di energia che significa meno importazioni di petrolio e gas, l’aumento dell’occupazione e la riduzione della componente carbonica”.
“Trattare in questo modo 150 tonnellate di rifiuti”, aveva sottolineato, “significa trasformare in energia i rifiuti di un milione e mezzo di persone”. “Nei prossimi anni saremo in grado di arrivare a 600 mila tonnellate, anche grazie all’accordo quadro fatto con la Cassa depositi e prestiti che, come noi, ha molte aree utilizzabili per la realizzazione degli impianti”.
Il business si evolve quindi in una direzione ben precisa: sostenibilità, economia circolare e decabornizzazione. Come aveva sottolineato De Scalzi “Bisogna accelerare lo sviluppo delle nuove attività: dalla diversificazione nelle energie rinnovabili all’economia circolare per chimica e raffinazione. Come Eni abbiamo avviato i processi per cambiare il mix energetico per esempio sostituendo il gas con l’energia solare, che per noi è perfetta, in quanto gran parte della attività sono in zone calde, dall’Africa all’Asia fino al Sud America”.
Energia, Milano: un modello di mobilità sostenibile
Un modello nuovo di città basato su sostenibilità e avanguardia era stato anche pensato per la metropoli di Milano, sottoposta a una sfida senza eguali di transizione energetica: Produrre biometano impiegando tonnellate di rifiuti organici, ovvero produrre carburante dai rifiuti per alimentare le auto. Con il fine di alimentare ben 39mila automobili, pari a due volte e mezzo quelle circolanti, riciclando la quasi totalità delle 200mila tonnellate di rifiuti prodotti sul territorio.
Ma il biometano esattamente che cos’è? Per biometano si intende un biocarburante a basso impatto ambientale, con proprietà del tutto equivalenti al metano di origine fossile, che pertanto può essere stoccato e distribuito attraverso infrastrutture già esistenti, e può essere utilizzato per alimentare autovetture, flotte aziendali o automezzi pubblici. Si tratta di un biocarburante avanzato, ottenuto dagli scarti organici. Si ottiene raffinando il biogas generato dalla digestione anaerobica dei rifiuti organici ed è un vero e proprio esempio di economia circolare. Il procedimento di raffinazione consente di recuperare i sottoprodotti di origine agricola e della frazione organica proveniente dalla raccolta differenziata, evitando così di liberare il carbonio contenuto nei giacimenti di combustibili fossili.
La sua produzione porta vantaggi sia economici che ambientali. Secondo i dati del ministero dello Sviluppo Economico relativi al 2018, a fronte di 5.448 milioni di Sm3 (metri cubi standard) di metano prodotti, l’Italia ne ha importati 67.872 milioni, il 92,6% del totale. La produzione di biometano da matrici organiche sarebbe invece interamente nazionale e il biometano verrebbe impiegato presso il luogo di produzione, attivando una filiera davvero a Km 0.
Secondo il più recente rapporto di Ispra, la Città metropolitana di Milano produce circa 215 mila tonnellate/anno di umido e dispone di una capacità impiantistica per il trattamento anaerobico attualmente autorizzata pari a 90.000 tonnellate. Grazie agli impianti di gruppo Cap si potrebbero trattare tramite processi di digestione anaerobica ulteriori 107 mila tonnellate/anno di umido, senza bisogno di realizzare nuove strutture o nuovi impianti di produzione.
Roberto Maviglia, consigliere delegato di Città metropolitana di Milano, ha notato infatti che: “Il nostro territorio possiede una grande potenzialità. Aziende impianti eccellenti possono lavorare in sinergia con la pubblica amministrazione per fare economia e rigenerare l’ambiente. Crediamo che il nostro ruolo non sia più solo quello autorizzativo ma soprattutto quello di ente facilitatore e promotore dell’innovazione”. La città metropolitano di Milano sta lavorando per puntare sempre di più su un modello di mobilità sostenibile finalizzato alla riduzione dei consumi e soprattutto delle emissioni.
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