da IlSole24Ore (Giorgio Dell’Orefice) – Il termine “sostenibilità” se la gioca con “resilienza” come parola più utilizzata e ricorrente negli ultimi anni. Ma la sostenibilità è anche un tema sul quale l’agricoltura ha fatto da apripista. Una frontiera che nel corso degli anni ha visto nascere nel settore agroalimentare molteplici iniziative. Adesso è forse giunto il momento di cominciare a delineare alcune differenze come quella tra la sostenibilità di chi punta alla sola riduzione dell’impatto ambientale della propria attività, quella di chi si prefigge di implementare meccanismi di economia circolare e chi riesce a realizzare entrambi gli obiettivi.
Appartiene a quest’ultima categoria il settore delle agroenergie e in particolare la filiera italiana del biogas. Un comparto che grazie alla sinergia tra agricoltura e allevamento da un lato e agroindustria dall’altro ha registrato dal 2008 a oggi investimenti per circa 4,5 miliardi di euro consentendo all’Italia di raggiungere la leadership europea del numero degli impianti con 1.600.
Fertilizzanti a basso impatto
La produzione di biogas anche se si avvale oggi di tecnologie all’avanguardia riproduce un meccanismo che da sempre esiste in natura nei ruminanti: la digestione anaerobica. All’interno di grandi contenitori vengono introdotte matrici organiche, effluenti zootecnici e sottoprodotti dell’agroindustria. Questi materiali riscaldati e miscelati in una condizione anaerobica cioè senza ossigeno attraverso l’azione batterica danno origine al biogas. Il biogas viene poi convogliato e destinato alla produzione elettrica rinnovabile oppure depurato dall’anidride carbonica diventa biometano che, immesso nella rete del gas naturale, viene utilizzato nel settore dei trasporti (pesanti su strada o marittimi).
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