Roma (Ansa) – Il biometano è al centro dello sviluppo dell’economia circolare. Una parte dell’opinione pubblica, tuttavia, è contraria agli impianti. Tra le obiezioni principali: le esalazioni di cattivo odore, le emissioni inquinanti, l’impatto visivo, la circolazione di camion per il rifornimento degli impianti, lo sviluppo di batteri patogeni.
Tutte obiezioni da parte dei territori che sono frutto di una cattiva informazione, spesso creata ad arte. Queste criticità sono state abbondantemente superate da moderne e consolidate tecnologie. Ecco perché il biometano è il secondo tema scelto da Legambiente e dalla Nuova Ecologia per Unfakenews, la nuova campagna sulla corretta informazione ambientale.
Il biometano è un gas rinnovabile, prodotto da un processo di trasformazione della materia organica tramite digestione anaerobica, cioè priva di ossigeno. Gli impianti che permettono questa trasformazione rappresentano la soluzione ottimale per il trattamento di rifiuti organici, scarti dell’agroalimentare, deiezioni animali e fanghi di depurazione.
Da questi si ottengono due prodotti, il biogas e il digestato. Il primo, trasformato in biometano, sostituisce il gas naturale di origine fossile, e può essere immesso nella rete di distribuzione per consumi domestici o per i trasporti. Il secondo può diventare fertilizzante naturale compost, permettendo la riduzione dell’uso di fertilizzanti chimici.Il rifiuto organico immesso nel digestore anaerobico “matura” in un paio di mesi e si degrada in parte solida, il digestato (che diventerà compost dopo una seconda lavorazione), e in biogas. Il processo avviene in reattori chiusi, senza emissioni in atmosfera.
Il biogas viene poi raffinato in biometano, eliminando l’anidride carbonica e altre impurità. Fra queste, ci sono ammoniaca e idrogeno solforato, che puzzano e sono dannosi per la salute. Ma le consolidate tecnologie dei nuovi impianti hanno risolto il problema delle emissioni inquinanti e degli odori.
Altri odori sgradevoli possono provenire da trasporto e stoccaggio del materiale. Per questo i moderni impianti prevedono un ambiente chiuso per il recepimento e lo stoccaggio del materiale, dotato di unità di captazione e trattamento aria.
Ulteriori dubbi sono legati allo sviluppo di batteri patogeni nel digestato. La letteratura scientifica è concorde nel ritenere che il processo di digestione anaerobica abbatta il contenuto della maggior parte dei batteri nocivi per l’uomo.
Il Italia c’è una cronica carenza di impianti di compostaggio, specie nel Mezzogiorno. Questo impedisce di riciclare una grande quantità di rifiuti, che finiscono invece in discarica. La soluzione ottimale è realizzare gli impianti su scala provinciale, nelle aree industriali, nei pressi dei luoghi di maggior produzione dei rifiuti, in modo da limitare al massimo lo spostamento di questi ultimi sul territorio.
L’Italia con i suoi 2mila impianti (l’80% dei quali è in ambito agricolo) è il secondo produttore di biogas in Europa e il quarto al mondo, ma il potenziale produttivo di biometano potrebbe essere più elevato. Oggi secondo il Consorzio Italiano Biogas solo il 15% dei reflui zootecnici viene trattato in biodigestori che producono biometano. Nei prossimi 10 anni questa percentuale potrebbe salire al 65%, passando dalla produzione annua di 1,5 miliardi di m3 a 6,5.
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