(Andrea Poggio di La nuova ecologia) – È confronto aperto, in questi mesi, tra gli operatori della logistica e del trasporto merci e gli investitori immobiliari del settore industriale, per comprendere quali saranno le tecnologie, i mercati e le infrastrutture del prossimo futuro. Un confronto al quale siamo stati sollecitati a dare il nostro contributo anche noi ambientalisti. Soprattutto a causa del “consumo di suolo” che non solo le strade, ma anche capannoni, piazzali e parcheggi provocano attorno ai nodi del traffico e alle grandi aree metropolitane, sostituendo campi agricoli e aree verdi. La speculazione non si ferma neppure di fronte ai capannoni vuoti, alle aree dismesse da decenni, bonificate o meno. La “speranza” è che magari qui potrebbe arrivare Amazon, o un nuovo centro commerciale.
Il ruolo centrale di chi amministra i territori
Chiamati in causa, i grandi marchi spesso ci scansano: se costa poco, se il Comune non chiede troppo, se non ci sono ricorsi, bene. Altrimenti il capitale, come noto, è “errante” e troverà nuovo territorio ad accoglierlo. Per ciò che concerne i piani, territoriali o di trasporto, le Regioni hanno smesso di farli: come sulla sanità, hanno abdicato al loro ruolo costituzionale. Ma allora dove e come organizzare la nuova domanda di trasporto che e-commerce e consegne a domicilio indotte dall’epidemia hanno contribuito a incrementare esponenzialmente? Non basta in prossimità di caselli autostradali, c’è bisogno di scali ferroviari. Con i soldi europei non si potranno più fare autostrade e bretelle stradali, ma solo strade ferrate elettrificate, scali ferroviari, infrastrutture per ricariche elettriche: in alcuni casi a biometano, forse tra dieci anni a idrogeno “verde”, cioè tutto rinnovabile. È quel che si sta pensando ad esempio a Piacenza e Castel San Giovanni, ripristinando la linea ferroviaria che collega i due centri logistici, potenziando i treni merci per Genova e lungo le direttrici nazionali. Ma a Piacenza c’è uno straccio di autorità (Comune, Provincia e Regione) capaci di guidare il percorso con impegni, piani, amministrazione coerente e pluriennale?
L’alternativa fondamentale dei porti verdi
Altro capitolo centrale è quello dei porti, vero nuovo ingresso (insieme agli aeroporti) del traffico merci che entra in Italia e in Europa. C’è un nuovo e forte impegno europeo per i “porti verdi”, per elettrificare le banchine e spegnere i motori delle navi quando attraccano. È una direzione verso cui si sta muovendo Legambiente in accordo con Enel X e altri operatori. Ma occorre che le Autorità portuali favoriscano esclusivamente le navi che si adegueranno alle nuove tecnologie, e che tutti i porti europei diventino a zero emissioni.
In generale, la sfida è quella di ridisegnare gli scali ferroviari esistenti, farne di nuovi nei porti, ottimizzando gli spazi e il consumo di suolo ospitando una logistica di trasformazione finale dei prodotti, digitalizzando tutti i flussi, ottimizzando i carichi e usando sempre di più solo energie rinnovabili nel traffico merci. La logistica si trasformerà così in industria “capital intensive” e avrà bisogno di lavoratori sempre più qualificati. Oggi invece, anche le consegne a domicilio, avvengono spesso con camion Euro 4 inquinanti, perché su questi è possibile truccare il vecchio cronotachigrafo che controlla i tempi di guida degli autisti. Così cresce lo sfruttamento del lavoro e l’insicurezza sulle strade.
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