Milano (Leonardo Brembilla) – Eni ha completato la costruzione di uno stabilimento per la raccolta e spremitura di semi oleaginosi a Makueni, in Kenya. L’impianto è entrato in funzione lo scorso 18 luglio, avviando la produzione del primo olio vegetale per le bio-raffinerie. In un comunicato, il gigante italiano dell’energia rende noto che l’agri-hub, il primo di questo genere costruito in Kenya, ha una capacità installata pari a 15.000 tonnellate, con una produzione prevista di oltre 2.500 tonnellate. Già due anni fa, a luglio 2021, Eni aveva firmato un Memorandum d’Intesa con il Ministero del Petrolio e delle Attività Minerarie del Kenya per promuovere la decarbonizzazione dell’economia kenyota. L’avvio della produzione di biocarburanti a livello industriale nel Paese prevede complessivamente la realizzazione di 20 agri-hub, oltre alla conversione della raffineria di Mombasa.
Kenya: recupero di olio esausto per la bioraffinazione
L’agri-hub di Makueni lavorerà semi di ricino, di croton e di cotone per estrarre olio vegetale. Si tratta di materie prime sostenibili, non in competizione con la filiera alimentare perché provenienti da coltivazioni resistenti all’aridità e adatte a crescere su terreni degradati (il ricino), semi raccolti da piante spontanee (croton) e co-prodotti della filiera del cotone, in un’ottica di economia circolare. Nell’impianto, inoltre, si produrranno mangimi e bio-fertilizzanti, derivati dalla componente proteica dei semi, a beneficio delle produzioni zootecniche e alimentari, fornendo un contributo alla sicurezza alimentare. Il centro funzionerà anche come polo di formazione e supporto tecnico agli agricoltori. Eni Kenya, la sua filiera e tutti gli agri-feedstock sviluppati sono stati certificati secondo lo schema di sostenibilità ISCC-EU (International Sustainability and Carbon Certification), uno dei principali standard volontari riconosciuti dalla Commissione europea per la certificazione di biocarburanti (RED II).
La raccolta dei semi di ricino
In particolare, Eni è la prima azienda al mondo a certificare il ricino e il croton ad uso biocarburanti e ha permesso per la prima volta a un cotonificio africano di raggiungere tali standard certificativi, offrendo agli agricoltori locali nuove opportunità di mercato anche per la fibra. “Questo progetto incarna tutti i pilastri dell’approccio di Eni alla sostenibilità. La neutralità carbonica, perché la bio-raffinazione è un elemento importante nel nostro percorso verso le zero emissioni al 2050. L’eccellenza operativa, perché abbiamo concluso i lavori nei tempi previsti, a un anno dall’accordo con il governo kenyota e a sei mesi dall’avvio del cantiere, in totale sicurezza con più di 200mila ore lavorate senza alcun incidente. Lo sviluppo sociale, con benefici in termini occupazionali: abbiamo coinvolto 25mila agricoltori e impiegato fino a 200 persone al giorno nella costruzione del centro” ha commentato Claudio Descalzi, AD di Eni. “Nel nostro modello di integrazione verticale la coltivazione dei semi è demandata agli agricoltori locali in modo da promuovere l’accesso al mercato garantendo l’accesso alla terra“, ha aggiunto Descalzi.
Le successive fasi del progetto in Kenya prevedono innanzitutto la realizzazione di un secondo impianto che consentirà di raggiungere nel 2023 una capacità complessiva di 30mila tonnellate all’anno di olio vegetale e lo sviluppo delle filiere agricole associate.
L’avvio della produzione in Kenya rappresenta il primo passo per le iniziative nella catena agro-industriale di Eni. Nel corso dell’ultimo anno sono stati firmati accordi in diversi Paesi tra cui Congo, Mozambico, Angola, Costa d’Avorio, Benin, Kazakistan e Ruanda. Per questi Paesi, così come per l’Italia, sono stati avviati studi di fattibilità con l’obiettivo di condurre nelle realtà più mature una prima fase di attività agricola a partire dal 2022 per poi procedere con la costruzione di impianti di spremitura di semi per la bio-raffinazione.