da quotidiano.net – I percorsi delineati dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec) «mantengono posizioni troppo conservative e andrebbero integrate con azioni mirate all’abbattimento delle emissioni in agricoltura». Il settore agricolo, attraverso il processo fotosintetico, è «tra i pochi comparti in grado di agire in modo significativo e diretto sul ciclo di carbonio e, dunque, il suo contributo è fondamentale per contenere l’aumento della temperatura media del pianeta entro l’1,5°C».
E’ la posizione del Cib, il Consorzio nazionale biogas, che ha partecipato alla consultazione pubblica indetta dal ministero dello Sviluppo Economico sul Pniec. Il Consorzio ha rappresentato gli oltre 850 soci che costituiscono un patrimonio di 1.600 impianti agricoli di digestione anaerobica sui circa 2.000 installati in Italia.
Per il Cib, il Piano per l’energia e il clima 2019 rappresenta un’importante occasione per testimoniare il ruolo dell’agricoltura nel processo di decarbonizzazione, riconoscendo le potenzialità dell’agro-ecologia promosse dal modello del «biogasfattobene». L’agricoltura è pronta a ridurre le proprie emissioni, ma occorre definire le condizioni operative che le consentano di raggiungere questo importante obiettivo.
Il Cib esorta il Governo a promuovere la creazione di mercati integrativi al food, al fine di permettere un’intensificazione ecologica delle produzioni agricole e, attraverso l’utilizzo del digestato, una gestione virtuosa dei nutrienti, ad esempio azoto e fosforo, nonché un aumento del contenuto di carbonio dei suoli. Grazie al «biogasfattobene», l’agricoltura può essere determinante anche nel contenimento delle emissioni di metano e di ammoniaca dagli allevamenti.
Sul fronte della generazione elettrica, gli obiettivi al 2030 indicati nel Pniec per le bio-energie sono in flessione rispetto all’attuale produzione. «Perdere capacità di produzione rinnovabile e programmabile appare incoerente rispetto all’obiettivo di giungere a un’efficace integrazione delle fonti rinnovabili», commenta il Cib per il quale la flessibilità del gas rinnovabile permette, infatti, di affiancarsi allo sviluppo di energia elettrica da fonti intermittenti creando un sistema a emissioni nette zero, con costi sostenibili e tempi compatibili con gli obiettivi di Parigi Cop 21.
Secondo il Consorzio biogasa sarebbe auspicabile promuovere il modello della ‘biogas refinery’: un impianto a biogas connesso a due reti, quella elettrica e quella del gas, in grado di produrre crescenti quantità di biogas da utilizzare localmente, ovvero da immettere in rete gas per essere trasportato dove e quando è più proficuo il suo utilizzo. Cib ritiene ecessario prevedere un obbligo d’immissione in rete di gas rinnovabile pari al 10% del consumo attuale di gas naturale e la valorizzazione del biogas come fonte programmabile.
Negli ultimi anni le aziende socie del Cib hanno effettuato cospicui investimenti in attività di ricerca e sviluppo e avviato un percorso di evoluzione tecnologica per la produzione del biometano. Il biometano è infatti un biocarburante avanzato che può giocare un ruolo primario nella transizione da un’economia basata sulle fonti energetiche fossili a una fondata sulle energie rinnovabili.
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